13/05/2019. IL RAPPORTO TRA FATTRICE E PULEDRO: accenni sulla selezione genetica


La selezione genetica ha portato, nel corso dei secoli, ad una mutazione sostanziale delle caratteristiche morfologiche e funzionali del cavallo, che differisce considerevolmente dal suo antenato naturale.

Ludovic Orlando, direttore di ricerca del CNRS a Tolosa e professore di archeologia molecolare all’Università di Copenaghen, insieme ad un team di 121 ricercatori, ha ricostruito 5000 anni di storia genetica del cavallo analizzando il genoma di 278 esemplari provenienti dall’Eurasia, 129 dei quali prelevati da antichi reperti archeologici. Lo studio rivela che le radici più antiche dei cavalli domestici risalgono a una razza equina attualmente presente solo in poche regioni, come l’Islanda, le isole Shetland e l’Estonia.

 

Il genoma di questi cavalli subì un drastico rimodellamento fra il VII e il IX secolo, in corrispondenza dell’espansione islamica, per il contributo di cavalli provenienti dal Medio Oriente, tanto che i cavalli attuali sono molto più simili a quelli di cui sono stati trovati resti nei siti archeologici dell’antica Persia, risalenti al periodo dell’impero Sassanide. Il rimescolamento genetico ha contribuito a rendere i cavalli odierni più veloci e, dalle steppe mongole poco più di 700 anni fa, più predisposti all’ambio. La capacità di raggiungere una grande velocità, come quella dei cavalli da corsa, invece è un tratto che si è sviluppato negli ultimi 200-300 anni con l’affermarsi del concetto di razze “pure” e la diffusione di nuove pratiche di allevamento per valorizzarle e conservarle. A questo nuovo passaggio della storia evolutiva del cavallo ha però corrisposto un netto declino della diversità genetica complessiva, soprattutto nell’ultimo secolo.

La possibilità di individuare e selezionare razze, linee di sangue e soggetti con combinazioni geniche più favorevoli per gli scopi sportivi risulta essere uno degli obiettivi primari nel miglioramento genetico e per il settore allevatoriale. La difficoltà selettiva nasce dall’individuazione dei caratteri genetici qualitativi (legati ad uno o pochi geni) e quantitativi (legati a più geni) e dall’analisi della loro espressione in un determinato ambiente; ossia lo studio del rapporto tra genotipo (il corredo genetico) e fenotipo (rappresentato da caratteristiche da noi osservabili).

A questo fine la metodologia classica ha sviluppato test morfologici e attitudinali con criteri e obbiettivi studiati per soggetti della stessa età attraverso valutazioni della genealogia (“pedigree”) e della progenie (“progeny test”); spesso questi criteri non riescono pienamente ad escludere l’influenza ambientale a cui i singoli soggetti sono sottoposti. Per questo motivo, in alcuni paesi, si effettuano procedure che prevedono la valutazione dei cavalli in ambiente uniforme, con regimi alimentari equivalenti e giudizi espressi dai medesimi osservatori. Questi criteri, anche se efficaci ed indispensabili, hanno in comune alcuni limiti: si valutano i soggetti già addestrati e non escludono completamente l’effetto ambientale e la soggettività del giudizio. Negli ultimi anni la ricerca ha compiuto enormi passi avanti e, in appoggio alle strategie classiche di miglioramento genetico, è subentrata la genetica molecolare con la quale è possibile isolare il genotipo senza prendere in considerazione il fenotipo. Questa metodologia si basa sull’utilizzo di marcatori molecolari, sequenze di DNA facilmente identificabili e con ereditabilità monitorabile, con i quali poter creare vere e proprie mappe genomiche. Questi marcatori offrono numerose applicazioni nel settore dell’allevamento: studi filogenetici al fine di risalire all’evoluzione della specie e agli antenati originali, caratterizzazione delle diverse razze, identificazione di maternità e paternità, diagnosi precoce di malattie e predisposizioni, monitoraggio molecolare dello stato fisiologico e di benessere. Programmi di questo tipo nel settore degli animali da compagnia, bovino e suino sono ormai una realtà.

Avendo chiarito le basi della selezione genetica e come essa viene studiata è necessario ora focalizzarsi sull’ereditabilità. Come si trasmettono i caratteri alla progenie? I geni vengono ereditati principalmente dal padre o dalla madre? Che importanza ha il ruolo della fattrice?

In passato si riteneva che i caratteri genetici venissero ereditati principalmente dallo stallone, mentre la fattrice aveva un’importanza secondaria. La scienza invece ha dimostrato che il patrimonio genetico di una fattrice determina più del 60% delle qualità del suo puledro relative a conformazione e performance. Di fatto nel cavallo come negli altri mammiferi, il DNA contenuto nei mitocondri viene trasmesso esclusivamente dalla madre. Come quello contenuto nel nucleo, anche questo DNA potrebbe contribuire a determinare le caratteristiche sportive di un cavallo, in questo caso però sarebbero legate solo alla linea materna. Inoltre è stato provato che il ruolo della fattrice è determinante nella influenza dei caratteri sessuali; all’aumentare dell’età della fattrice aumenterebbe la possibilità di ottenere puledri di sesso femminile. Assodato che la fattrice gioca un ruolo fondamentale nella creazione del patrimonio genetico del puledro, in base a quali caratteristiche viene scelta una “buona madre”?

Quando si decide un accoppiamento si deve tenere presente che non è possibile migliorare molti fattori contemporaneamente; è più proficuo concentrarsi su uno o due caratteri della fattrice che si vorrebbero avere nel puledro, migliorarne valorizzarne i punti di forza non sottovalutando i difetti.

Molti studi dimostrano come le cavalle non vincitrici, seppure con ottimo pedigree, siano fattrici tendenzialmente meno buone rispetto a fattrici che abbiano avuto una buona carriera. Infatti, l’analisi dei pedigree è l’aspetto più facile da valutare in quanto è in grado di assicurare con certezza la nascita di puledri di razza pura e autentica. Oggi è possibile avere accesso anche tutta una serie di informazioni che possono essere di ausilio, ad esempio le classifiche per gli stalloni padri di fattrici o statistiche inerenti agli incroci delle linee di sangue con maggior successo. Per quanto concerne l’imbreeding (incrocio tra consanguinei per mantenere discendenze omogenee) è importante tener presente che sebbene potenzi le qualità ricercate nel puledro, esiste la medesima possibilità di rinforzare, con esso, i caratteri indesiderabili.

Una qualità fondamentale che si deve ricercare in una buona fattrice è un ottimo stato di salute. Non solo esente da patologie e stereotipie, ma anche preferibilmente mantenuta in lavoro o comunque con addestramento, carriera sportiva alle spalle ed esperienza.

Per quanto riguarda la morfologia è sconsigliabile l’acquisto di cavalli solo “sulla carta”, è fondamentale la visione dal vivo e preferire sempre cavalle con appiombi corretti e di bella e sana struttura in quanto i difetti morfologici vengono trasmessi ai puledri. Oltre la morfologia, l’età della fattrice e l’esperienza riproduttiva sono caratteristiche molto importanti che devono essere prese in seria considerazione.

Sul piano genetico la riproduzione di giovani giumente non è consigliabile. Le femmine che sono fecondate prima della maturità non assicurano l’impianto embrionale, hanno bisogno di diete e di cure particolari soprattutto nel periodo dell’allattamento e nei tre ultimi mesi di gestazione. Buona taglia, forte struttura ossea, bacino e anche larghe e garretti forti sono le caratteristiche che assicureranno una gestazione serena e un parto privo di pericoli. Nonostante la fertilità della femmina superi spesso i 15 anni, è sconsigliabile tenerla in considerazione per la riproduzione in quanto, oltre a problematiche fisiche, possono subentrare complicazioni fisiologiche e patologiche.

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La madre, in natura, è la principale responsabile dello sviluppo caratteriale dei figli. Per questa ragione bisogna considerare anche il carattere della fattrice; le piu’ resistenti e con temperamento sono quelle che promettono le migliori prospettive di allevamento. E’ utile in questo caso osservare il comportamento sociale delle femmine in branco per prevedere come sarà il carattere del nascituro, è certo che una femmina leader non potrà generare un puledro sottomesso o volubile e viceversa.

Inoltre, per avere maggiori certezze, ci si può affidare all’Indice di Attitudine Riproduttiva (IAR). Utilizzando questo valore è possibile avere una stima del potenziale/capacità genetica della fattrice in termini riproduttivi tenendo in considerazione i puledri nati in carriera fino al 6° evento riproduttivo. Analizzando le tabelle si trovano i dati anagrafici e un riassunto della genealogia per ogni fattrice, il numero di anni di carriera riproduttiva controllati dal libro genealogico e il numero di puledri partoriti.

In conclusione, la scelta di una buona fattrice deve essere influenzata da molteplici fattori, non solo gestionali e funzionali, ma anche economici per soddisfare appieno le sempre più esigenti richieste del mercato odierno.

Milano, 13/05/2019

Dottoressa Gaia Rusconi