Una storia bellissima che riguarda una razza di cavalli che da Napoleone alla seconda Guerra Mondiale è stata un fattore determinante per la salvezza dei soldati: la Razza dei cavalli di Persano.
Il principe Alduino Ventimiglia di Monteforte Lascaris è il grande artefice del recupero di questi cavalli ed in un articolo del giornalista Oreste Mottola (che riportiamo qui di seguito), si raccontano le gesta di cavalli e uomini che hanno contribuito a ricordare questa razza affascinante. Nell’epoca moderna, il cavallo di Persano incrocia le sue vicende oltre che col principe Alduino, falconiere di fama internazionale, col colonnello veterinario Ortu, col gallerista Antonio Miniaci, con Piero D’Inzeo, Vittorio Sgarbi e Pio Bruni Presidente della S.I.R.E. , che ne cavalcò uno durante la carica di Izbusenskij sul fronte del Don (1942), dove il reggimento Savoia Cavalleria sconfisse una forza di circa 2.000 fanti siberiani.
Alduino Ventimiglia di Monteforte Lascaris, (foto sotto) nobile siciliano imparentato con Federico II, si dedica in un castello toscano, all’antica arte dell’allevamento degli unici cavalli che, con Napoleone, tornarono dalla Russia. Esordisce: “Scusatemi tra falchi, cani e cavalli … sono sempre in ritardo”. Vive fra Sicilia e Toscana, ha riportato in vita una razza di cavalli ritenuta estinta e dà del tu a re Juan Carlos di Spagna. Sua Maestà gli ha scritto la prefazione al libro di oltre 600 pagine che ha dedicato al suo ultimo amore, che ha per titolo: “Persano la real razza” e che è stato presentato al Senato della Repubblica nel giugno 2017.
Un’antenata, Emma, sposò un figlio dell’imperatore Federico II, lo “stupor mundi”. Da mille anni la sua famiglia domina su di un pezzo ampio di Sicilia. Da qui arriva, Alduino Ventimiglia di Monteforte Lascaris, poco più di cinquant’anni, principe e protagonista delle cronache mondane come possibile pretendente al trono del principato di Seborga. Oltre a fare l’agricoltore e l’allevatore, è un falconiere di fama internazionale. A poche centinaia di metri dalla Casina di Caccia vanvitelliana è venuto per presentare al pubblico l’ultima sua riuscita impresa: il salvataggio del cavallo di Persano.
Cominciò da Picciotto, Pascià e San Siro, tre stalloni portati da Persano a Grosseto, nel 1972, al centro veterinario dell’esercito, gli ultimi sopravvissuti di una storia gloriosa. Li comprò ed evitò che venissero castrati, come aveva deciso l’esercito italiano. E’ grazie a questa pazzia di Alduino di Ventimiglia se sul campo del Persano Country Club, trottano i loro nipoti: Jerax, Reonio e Sparviero.”Di quell’ufficiale non ricordo e non voglio ricordare più il nome”, racconta il principe. “Picciotto aveva vent’anni, un’età ragguardevole per un cavallo. Negli ultimi anni aveva fatto “l’esploratore”, ovvero il cavallo che nella mandria va a vedere quali cavalle sono in calore, per far fronte a quest’emergenza genetica, io lo faccio tornare a fare lo stallone. Pascià, più giovane, lo troviamo in Sicilia, è ammalato, ha un tumore. Lo curiamo…”. Storie di un mondo magico e fuori dal tempo questo dei cavalli e dei cavalieri che non conoscono le celebrità delle corse e dei palii. “Dopo aver fatto di tutto affinché fosse lo Stato a salvarli, di fronte alla stoltezza di quell’ufficiale, decisi di muovermi in proprio”. Perché Alduino di Ventimiglia era solo un militare di leva. Nella cavalleria, i Ventimiglia la sua famiglia, da quasi un millennio avevano espresso fior di comandanti. Ed anche lui ha quella stoffa. Dopo una laurea in agraria a Catania, dopo l’avventura dei fiori nelle serre del Ragusano, per poi accamparsi in un angolo di Toscana, Luriano, fondando “l’Accademia italiana cavalieri di alto volo” e soprattutto, dopo l’esperienza in divisa, l’allevamento del Persano.
Un amore che veniva da lontano: “A 11 anni vinsi il mio primo concorso ippico. Il cavallo che montavo era un Persano. Così quando nei box di Grosseto, da militare di leva, ne ho rivisto qualche esemplare, li ho riconosciuti subito e ho fatto il diavolo a quattro con l’esercito, affinché fossero salvati e ritornassero in auge”. Ed invece? “ Il colonnello veterinario Ortu che ci teneva – nonostante avesse deciso lui di lasciare il sito originale di Persano – mi diede campo libero tanto che decidevo io le linee riproduttive così da svilupparne e migliorarne la genealogia ”. Poi il comandante cambia ed il nuovo arrivato decide che occorre sbarazzarsi di: Picciotto, Pascià e San Siro. E decreta che dovranno smettere di inseguire le cavalle e morire di malinconia.
IL GALLERISTA
“Per portare avanti quest’attività Alduino si è economicamente dissanguato”, aggiunge Antonio Miniaci, l’internazionale gallerista d’arte originario di Albanella, che lo ha incontrato sulla sua strada ed è stato coinvolto in quest’operazione di recupero di una razza che si credeva irrimediabilmente estinta, poiché la sua casa d’origine è un tiro di schioppo dalla Casina Reale di Persano. Qui dove c’era la Real Razza. Con scuderie, officine, grandi capannoni, alloggi per il personale. Intervenne anche l’ingegno di Luigi Vanvitelli. Tutta la vita di Persano (SA), fin dal 1735, cominciò a ruotare attorno al cavallo. Fu orgoglio ed identità, lavoro e mestieri, se ne andò perché i carri armati diventavano sempre più numerosi e rumorosi padroni del territorio. La scrisse il colonnello Ortu quella relazione che ebbe l’effetto di spostare tutto un mondo di saperi costruito in oltre due secoli di attività, in Toscana. E così ci fu l’addio ai concorsi ippici, alle cacce alla volpe ed alla cerimonia della marchiatura del bestiame. Per noi erano ualani, in Toscana furono i butteri ed in America cow boy, ma l’attività, pistola più o pistola meno, era quella.
L’IDENTIKIT DEL CAVALLO DI PERSANO
Testa altera e quadrata, carica di ganasce, taglia non molto elevata, groppa rotonda, arti robusti ed andatura elevata: per gli esperti della materia questo è l’identikit dell’unica razza di cavalli che
Napoleone, quando invase la Russia, riuscì a farsi risparmiare dal terribile generale russo Inverno e fu provvidenziale per riportare indietro i reduci della Grande Armata. In epoca più recente i principali utenti dell’allevamento del Persano erano Piero D’Inzeo, per la sua attività sportiva, e i carabinieri, per i loro squadroni a cavallo.
RICREARE LA CITTA’ DEL CAVALLO INTORNO A PERSANO
E’ il sogno di Antonio Miniaci, uno che ha aperto una galleria d’arte anche ad Hong Kong, ma che non rinuncia a battersi per lo sviluppo della sua zona. “E’ dietro di noi, dipende da noi”, ripete spesso. Il sogno è quello di poter recuperare ad usi civili la casina di caccia vanvitelliana che per chi è nato da queste parti si chiama “Palazzo Reale”. E da qui ricreare tutto l’indotto che oggi c’è vicino al cavallo da corsa. Da aggiungere al grande campo da golf da 36 buche che si sta costruendo sui terreni che una lunga lotta contadina della fine degli anni Settanta strappò all’esercito “smilitarizzandoli”, ma che poi sono stati dovuti acquistare dall’Intendenza di Finanza. L’amministrazione comunale di Serre, il sindaco Palmiro Cornetta, vi ha aggiunto anche un grande albergo. Teresa Carrozza vicesindaco, è nata a Persano, suo padre ferrava i cavalli, gli luccicano gli occhi a pensare di poter far ritornare i cavalli che hanno colorato la sua infanzia e poter così offrire nuove occasioni di lavoro ai giovani di questa zona. La Casina Reale non è in un ottimo stato di conservazioni: le segnalazioni sono arrivate fino a Vittorio Sgarbi, che ha interessato Antonio Miniaci, il pirotecnico critico d’arte si è detto pronto ad una visita ispettiva e ad iniziative clamorose. Tutto nel nome del cavallo che riportò Napoleone a casa.
Oreste Mottola
Cenni Storici sulla Razza di Persano
La real razza di Persano è una razza equina creata nelle scuderie reali del Regno di Napoli site nell’omonima località vicino a Serre, in provincie di Salerno. La razza fu voluta dal Re Carlo di Napoli che ordinò nel 1741 di incrociare stalloni turchi con fattrici locali. Nel 1761, il Re, divenuto Carlo III di Spagna Invio in allevamento a Persano, tre stalloni spagnoli. In epoca più recente vennero anche impiegati su alcune linee di fattrici, stalloni purosangue inglese, per cui alcuni dei cavalli di Persano moderni possono avere un aspetto che ricorda l’anglo-arabo, ma dalle caratteristiche morfologiche più complesse.
Nel 1874 le scuderie di Persano vennero chiuse e la mandria fu dispersa o venduta all’asta pubblica, la dinastia Savoia ne ordinò infatti la soppressione nel tentativo di cancellare i segni lasciati dalla dinastia borbonica nel Regno delle due Sicilie, questo perché nel corso degli anni il cavallo di Persano era diventato uno dei simboli del Regno Borbonico, oggi ne resta traccia nello stemma della provincia di Napoli dove è rappresentato in posizione rampante sovrastato da una corona. La razza dispersa fu poi ricostituita 26 anni più tardi presso Persano. Nel 1900 il governo decise di cambiare direzione e di ricostruire la razza con il nome di “razza governativa di Persano”, a partire da fattrici e stalloni della real razza di Persano che erano state vendute ad allevatori privati e da un gruppo di soggetti che era stato acquistato dal re Vittorio Emanuele per la sua tenuta reale di San Rossore, vicino a Pisa.
La razza fu da sempre allevata per le esigenze della Cavalleria militare. Cavalli di questa razza furono tra i protagonisti della carica di Izbusenskij, l’ultima carica di cavalleria classica nella storia che avvenne nell’agosto 1942 sul fronte del Don. Il reggimento Savoia Cavalleria sconfisse una forza di circa 2.000 fanti siberiani. Il Persano vanta quindi di essere uno dei cavalli militari per eccellenza, essendo stato capace di operare nelle aspre steppe della Russia.
Nella foto sotto: da destra il Cavalier Pio Bruni e l’indimenticato Gentleman dr. Molteni (ph. di Daniela Carlotti in esclusiva per Galoppo & Charme)
Daniele Fortuzzi e Daniela Carlotti
Fonte Wikipedia
Milano, 21/01/2018