Il tifoso dell’ippica - 9 febbraio 2015
Un articolo scritto da Luigi Brighigna, che pubblichiamo molto volentieri.
Il tifo è una componente essenziale di ciascuno sport, quella che ti accompagna nella prima fase del tirocinio, l’innamoramento ingenuo per la bellezza esemplificata nella grandezza. La passione occupa il primo posto rispetto alla obiettività razionale che ti inserisce nella categoria degli appassionati.
Quando ho iniziato a seguire l’ippica, erano gli anni gloriosi dell’immenso Ribot, poi di Braque, il mio interesse era appunto guidato essenzialmente da un tifo vero e proprio per la casacca, ovvero i colori, di quei campioni pressoché invincibili. Calcavano le piste gli illustri portacolori di altre grandi scuderie italiane quali la Razza del Soldo, la Scuderia Mantova, taluni soggetti internazionali di gran valore, ma la mia scelta era stata fatta scegliendo quanto di meglio offriva e aveva già offerto la produzione dell’allevamento nazionale dei purosangue: il bianco con croce di S. Andrea rossa della Razza Dormello Olgiata.
Federico Tesio, il mago di Dormello, “the Maestro” secondo gli inglesi, aveva lasciato un’eredità sportiva che proseguì con altri egregi esponenti quali Marguerite Vernaut, Ruysdael, Garrido, Tierceron, ma era destinata a scemare con gli anni, tanto che il tifo trovò il tempo di tramutarsi dentro di me in sportività.
Non più la casacca dominante, il cui apparire in pista condizionava la scelta del soggetto cui affidare i propri sentimenti e financo i propri denari.
Anche se l’avvocato D’Alessio e il dottor Vittadini ebbero in seguito i loro momenti di gloria al più alto livello nazionale e internazionale, i colori delle casacche divennero più un elemento distintivo (diagnostico) che altro.
Oggi l’una, domani un’altra, con più democrazia si potrebbe dire, ma senza il fascino dell’invincibilità. Gli albi d’oro dei grandi Premi acquistarono, si può dire, in vivacità cromatica, così perdendo il monotono ripetersi della stessa casacca.
Il tifo rimaneva comunque un fuoco sopito sotto la cenere, pronto a ravvivarsi al primo soffio.
Il ritorno di fiamma è avvenuto alla vigilia dell’Epifania 2015 all’ippodromo di Agnano in Napoli, luogo quanto mai idoneo per il miracolo. Non un falò, ma pur sempre un focherello che ha risvegliato antichi ricordi. Adams e Rottmayer, portacolori dormelliani, hanno assaporato un meritato successo nelle rispettive prove. Sono stati due finali ad effetto con i quali la giubba che fu di Nearco, di Ribot, di Braque è tornata a garrire. Prendiamolo come un segno augurale di una inversione di tendenza: del tifo, di quello si potrebbe dire ‘contradaiolo’ c’è un gran bisogno.
Luigi Brighigna
Consigli per l’alimentazione delle fattrici che allattano - 23 febbraio 2015
La stagione dei parti è ormai iniziata: i foals galoppano nei paddock … ti chiedi, dove trovano tutta quella energia? Dal latte della madre!
Per le fattrici in allattamento il fabbisogno nutrizionale è aumentato e, se la dieta è povera, la cavalla dovrà dar fondo alle proprie riserve: fornire un’alimentazione adeguata è importante.
Fieno ed erba da soli non bastano! Somministrate cereali e mangime in quantità sufficienti a coprire gli elevati fabbisogni(fino a 6 Kg. al giorno di mangime): dividere questa quantità in più pasti al giorno riduce i rischi di disturbi digestivi e migliora l’assorbimento dei nutrienti.
Proteine di alta qualità sono fondamentali per il puledro: controllate la composizione della razione per assicurare un apporto corretto.
La maggior parte dei puledri inizia a sgranocchiare nella mangiatoia della mamma poche settimane dopo la nascita: consigliamo di allestire una piccola mangiatoia dotata di sbarre in modo che il foal si alimenti senza l’interferenza della madre (creep feeding).
Controllare le condizioni fisiche della fattrice serve a mantenere una dieta calibrata: l’obiettivo è avere cavalle in forma e mai magre (se la loro condizione degenerasse anche le capacità riproduttive ne risentirebbero).
Il proprietario… secondo Tesio - 9 marzo 2015
Una mezza paginetta contenuta ne “Il purosangue” di Enrico Canti (Bompiani ed. 1935). Così un tal Federico Tesio ebbe a descrivere, con una maestria impressionista, la figura del proprietario
Un essere quasi ragionevole, o quasi irragionevole, a vostro piacere, che si contenta di tenere nelle mani un pezzo di carta con lunga genealogia, controllata al momento del connubio, il quale gli garantisce la proprietà dell’animale ma non il possesso.
Il possesso lo godono il fantino che tiene il cavallo tra mani e gambe, l’allenatore che lo plasma, il pubblico che lo gioca, l’artiere ippico che lo spolvera, l’allibratore ed il critico della stampa il quale ultimo, quando per avventura sbaglia un pronostico, viviseziona poi crudamente, per giustificarsi, l’animale e qualche volta, gentilmente, il proprietario.
Il proprietario legale di un cavallo da corsa io lo posso paragonare soltanto al proprietario legale di una donna di umore faceto la quale passa il suo tempo in usufrutto agli altri.
Noi non siamo degli imbecilli, e neppure degli ingenui. Noi siamo degli idealisti viziosi senza speranza di guarigione. La molla che ci costringe e ci fa scattare è l’ambizione di vedere i nostri colori trionfare nella lotta. Una volta i colori erano dipinti sugli scudi e lottavano nelle giostre, ora sono relegati sugli sportelli delle automobili. E chi ha l’onore di possedere uno stemma che abbia combattuto nelle Crociate, oggi combatte e muore gloriosamente in guerra vestito in grigio–verde e perduto nella massa. Chi vuole avere l’emozione di vedere i propri colori trionfare nella lotta deve cercare questa emozione negli ippodromi. Questa è l’avventura che ci affascina; un’avventura che può essere tentata con successo a tutte le età, mentre ad altre avventure, dopo un certo numero di anni vissuti, è opportuno non iscriversi per non essere costretti a rinunciarvi.”
fonte : SAB