Atene sta ancora precipitando ma sin qui tutto bene.
È come la storiella di quello che precipita dal trentesimo piano e giunto al ventesimo dice: “Sin qui tutto bene”.
Dopo l’annuncio dell’accordo Europa – Grecia, un’estensione degli aiuti ad Atene per quattro mesi durante i quali riceverà ulteriori 7,2 miliardi di euro, sui mercati finanziari è tornato il sereno. L’accordo, al di là dei numeri e della durata, è stato di natura essenzialmente politica ed ha il solo scopo di non far collassare già a marzo l’intero sistema creditizio greco.
Il primo ministro Tsipras puntava ad avere molto più tempo, invece, in cambio della proroga agli aiuti, il rappresentante del governo greco ha dovuto presentare all’esame dei creditori una lista dei buoni propositi per trovare una soluzione ai gravi problemi del paese.
Tasse, finanze pubbliche, pensioni, lotta alla corruzione, riforma del sistema bancario, non manca nulla nel piano di azione del nuovo governo greco. Non manca nulla se non i numeri. Sei pagine e gli unici numeri riportati sono “la riduzione da 16 a 10” del numero dei ministri. Una lettera che ricorda certe presentazioni elaborate da certi consulenti aziendali. Molto ben scritte, assai ben impaginate ma del tutto prive di utilità. Un piano se non ci sono numeri non è un piano. E in questo non ci sono nemmeno le date.
1. La Grecia informatizzerà l’amministrazione fiscale così da combattere l’evasione. Nota bene, l’Italia ha redatto un piano di 5 anni per riformare il catasto, quanto ci metterà la Grecia ad implementare le “innovazioni tecnologiche” di cui scrive?
2. Il governo investirà per diffondere un nuovo senso civico così che i greci saranno contenti di pagare le tasse neanche fossero dei danesi.
3. Sarà migliorata l’efficienza della pubblica amministrazione con una revisione del processo di gestione dei budget con la riforma delle amministrazioni locali. Ecco, qui si potrebbe fare un bel tavolo di lavoro comune tra Grecia e Italia così magari esportiamo il nostro modello di successo nella riforma delle Province…
4. La Grecia si impegna a rivedere tutto il sistema pensionistico che attualmente si espone a un “tasso eccessivo di pensionamenti anticipati”.
Auguri.
Nella lettera del governo greco si leggono tanti buoni propositi, alcuni dei quali esportabili in molti altri paesi europei, Italia in testa: rimozione delle barriere alla competività, riforma della giustizia, istituzione di una centrale acquisti per la pubblica amministrazione. Ma si legge anche di un paese che, apparentemente per la prima volta, si rende conto di essere indietro di trent’anni rispetto ai pricipali paesi d’Europa. Parliamo di meno di 7,5 miliardi di euro per le casse di Atene, pari a circa il 2,5% del debito di 323 miliardi di euro che la Grecia deve restituire soprattutto agli altri paesi dell’eurozona (più del 60 per cento del totale), alla BCE e al Fondo Monetario Internazionale. Se sarà davvero limitato a questo, senza interventi sulla pubblica amministrazione e sulle pensioni, il piano greco non solo non sarà approvato ma porterà la Grecia al default.
Perché?
1. La Grecia è un paese di 11 milioni di abitanti e con un PIL 2014 pari a circa 180 miliardi di euro e un debito di oltre 320. Tanto per fare un paragone, la sola regione Lombardia ha un prodotto interno lordo pari a circa 300 miliardi di euro (dati Eurostat).
2. La Grecia non ha un settore industriale su cui intervenire e che possa beneficiare di una ripresa economica che si sta intravedendo nel resto d’Europa
3. Ipotizzando di destinare il 10% del prodotto interno lordo e dei “nuovi introiti” per ripagare il debito con l’Europa, entrambe le ipotesi assai estreme stante la pochezza del tessuto industriale del paese, la Grecia impiegherebbe 12-15 anni per uscire dal commissariamento e ritrovare la piena sovranità. Uno scenario semplicemente impossibile.
4. La Grecia ha più di 700mila lavoratori pubblici, su una forza lavoro di 5 milioni. Il rapporto è del 14% mentre in Italia è circa l’8% ed è già alto.*
La Grecia in questo momento non ha la sufficiente coesione sociale per avviare nessuna delle riforme annunciate. E dopo questo salvataggio ne servirà allora un altro, con il risultato di portare il suo debito ad oltre 400 miliardi di euro.
Con questi presupposti la Grecia non può più restare nell’euro e deve essere gestito un piano per un default pilotato, imponendo delle riforme serie per quanto impopolari. L’ostacolo a questo processo è solo legato al fatto che non si vuole intaccare l’irreversibilità dell’adesione all’euro.
Ma avanti di questo passo si arriverà comunque ad un default e se non guidato risulterà ancora più drammatico. Vedremo cruenti scontri sociali e rischiamo una deriva autoritaria e la perdita di democrazia nel paese.
L’unico scenario possibile per la Grecia è l’uscita dalla moneta unica, per quanto traumatica per il paese, la sua gente e per tutta l’Europa, oggi è l’unica strada perseguibile.
Nell’immediato, la Grecia lunedì 9 marzo dovrà presentare all’Eurogruppo un piano (questa volta dovrà essere tale) dettagliato sulle riforme con una particolare attenzione alla ristrutturazione della pubblica amministrazione e alla lotta contro l’evasione fiscale e corruzione. Staremo a vedere quello che sarà il giudizio dei creditori, e soprattutto del mercato, sull’attendibilità e fattibilità di questo piano.
*Lo stesso rapporto per la regione Sicilia è di più del 17% (www.ilpost.it che cita dati OCS).
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Dr. Gian Paolo Bazzani