Oggi Toronado contro Al Kazeem, ieri Brigadier Gerard contro Roberto. Chi ama l’ippica, deve leggere questo articolo. Riproponiamo un pezzo scritta da Mario Berardelli qualche giorno fa che in merito al Festival del Knavesmire che inizia oggi, si immerge e ci immerge nei ricordi di uno dei meeting più affascinanti del Regno Unito, l’Ebor Festival, da Eboricum, il nome antico della città di York, raccontando le esperienze di ippica vissuta di un tempo, quando non c’era internet e si andava sul posto per ammirare le corse, fino ad arrivare ai giorni nostri. Solo due nomi: Grundy, Brigadier Gerard e Braulio Baeza….non diciamo altro, buona lettura, lo merita!
Tempo di Ebor meeting, uno dei più fascinosi nel calendario della casa madre. Città stupenda, con più storie da raccontare, tre giorni tutti da vivere intensamente con l’albergo che lambisce la dirittura di fronte. Insomma un punto fermo se si ama il turf ma anche, ecco il destro per quattro chiacchiere, la occasione per un bel po’ di luoghi comuni. York: la tomba dei favoriti campioni. Figuriamoci, vale solo per noi della generazione perduta del turf che stiamo per celebrare i 40 anni, meglio 41, del più doloroso pomeriggio della nostra storia di appassionati. Non il solo e sempre a York, è vero ma da qui a dire che quella pista costituisce la tomba dei favoriti ci vuole solo la consueta nostra ricerca della situazione iperbolica. Per di più un anno dopo Frankel che ha corso valendo riga. Chissà quanti caldi favoriti hanno vinto le Benson (consentiteci di chiamarle sempre cosi come Cesare Mercalli faceva con i cavalli di Dormello che lui sintetizzava nel “ Senatore”) oppure le Yorkshire Oaks. Certo ogni tanto qualcuno ci lascia le penne ma indubbiamente due idoli infranti per noi e nel giro di pochi anni hanno trasformato la pista più italiana (per conformazione) di Inghilterra in una sorta di maledizione. Il Brigadiere e poi Grundy, una tragedia. Come Icaro eravamo ad un passo dal sole e ci siamo bruciati. Grundy è stato il cavallo del nostro cuore, ci aveva “traditi” solo nel pomeriggio di Bolkonski al termine delle Ghinee più corte della storia ma non fu colpa sua, ci seppe regalare la sequenza pazzesca Ghinee irlandesi, derby vero, derby quasi vero , corsa dei diamanti e poi l’abisso, una sorta di capitano Acab contro la balena bianca. A York appunto. Come il Brigadiere poco prima , il grande sogno , il cavallo del riscatto di ognuno di noi, quello che ci faceva dire …. Si può fare. In tempi di piena trasformazione del turf mondiale dopo la prima grande lezione della sfida americana, nel momento in cui stava anche nascendo il colosso del Coolmore, con i principi Arabi che levavano la tuta e scendevano in campo . Insomma una ippica che cambiava i connotati e pian piano diventava globale. Ebbene il Brigadiere fu la risposta di ciascuno di noi, nel senso che tutti avremmo potuto crearlo. Hislop era un gentlemen rider diventato tecnico, teorico, giornalista (British Racehorse), lo incontravi e lo potevi anche avvicinare sui campi da corse. Aveva un paio di fattrici, di media origine, le inviava a stalloni da poche sterline a due passi da casa (non date retta: il libro lo ha scritto dopo la botta di …. Chance), tutto ciò poteva accadere a noi, infatti ci abbiamo provato soli e in società con amici, niente da fare. John Hislop ci ha rappresentato tutti , il Brigadiere è sceso sulla terra del turf per redimere tutti noi superbi peccatori incalliti e darci una speranza , una illusione. Quando nelle Ghinee annichilì Mill Reef (Paul Mellon seduto in poltrona in uno dei cento salotti di casa alzava lo sguardo e poteva ammirare quadri autentici di Van Gogh, Cezanne, Matisse, Toulouse Lautrec, Mane, Monet , insomma la sua era una delle maggiori collezioni private di impressionisti in circolazione) è stato come quando Davide sconfisse Golia. Il Brigadiere è stato immenso, a due anni , poi a tre e poi anche a quattro dai mille pian piano su su fino al miglio e poi anche ai 2000 fino a toccare il cielo dei 2400 in quel pomeriggio fatato di Ascot (noi avevamo il nostro Gay Lussac, Parnell fu secondo) dopo di che ecco il peccato di superbia, andiamo a toccare il sole perché voliamo sempre più in alto: York e precipitammo rovinosamente a terra . Annientati alla notizia, sgomenti, impossibile ma vero. Altro luogo comune : possibile che tutti i campioni vanno in cerca del passo più lungo per cadere ? Non è vero e lo dimostrano Nearco, Ribot, Zarkava, Sea the Stars, ovviamenteFrankel e diversi altri eppure …. Eppure sono i belli e dannati che intrigano, si fanno amare di più perché la sconfitta rende umani, avvicina, in sostanza ti fa più grande. Del resto tutti abbiamo letto cinque e sei volte l’Inferno vivo e sanguigno mentre siamo stramazzati vinti dalla noia dinanzi a tutti i santi e beati del paradiso. Per questo i passi falsi del Brigadiere, di Grundy, di Nijinsky nelle Champion (l’Arco ci stava), di Allez France sempre a Newmarket, di Tony Bin contro Orban a Roma, di Zenyatta, , insomma ognuno di noi ha il suo, ci rendono questi campioni ancora più vicini, solo chi cade in fondo può risorgere, chi vince sempre viene a noia … Per questo dopo 40 anni , ormai sereni e senza rancori, noi celebriamo e diciamo grazie anche a Braulio Baeza! A chi? Eh no, se volete guadagnarvi il titolo di veri ippici dovete rispondere da soli dopo aver controllato la carriera di Buckpasser, Ars and Letters, Waajima, Chateaugay, Dr Fager e molti altri. Viva Braulio Baeza, maledetto eroe, sublime e allora incompreso (da noi) europei.
Mario Berardelli