Gimcrack Speech 2014 - 22 dicembre 2014
Le Gimcrack Stakes sono una delle più importanti corse inglesi per 2 anni e una delle più antiche, visto che si corrono da quasi 170 anni. La corsa è stata vinta anche da grandi stalloni come Bahram, Petition, Mill Reef, Rock of Gibraltar e da Star Kingdom, il più grande stallone australiano -che corse in Europa col nome Star King. Il proprietario del vincitore delle Gimcrack Stakes di ogni anno è invitato a tenere un discorso pubblico in una cena speciale che si svolge a Dicembre. Il Gimcrack Speech è una occasione eccezionale per un proprietario e a volte è il proscenio di affermazioni molto rilevanti –ad esempio, fu usato per le lamentele di Sheikh Mohammed verso l’ippica inglese- (Gimcrack Speech 2002 – vittoria di Country Reel).
Quest’anno il Gimcrack Speech è stato fatto, in rappresentanza di Hamdan Bin Rashid Al Maktoum, da Richard Lancaster direttore di Shadwell e attuale presidente dell’Associazione Allevatori Inglese. Traduciamo il Gimcrack Speech 2014 a beneficio dei lettori.
E’ un grande privilegio pronunciare il Gimcrack Speech per conto dello Sceicco Hamdan. Il mio collega a Shadwell, Angus Gold, tenne il discorso nel 1990 dopo la vittoria di Mujtahid. Eccoci qua 24 anni dopo e, come in quell’anno, lo Sceicco Hamdan chiude la stagione da proprietario capolista –pare che la vittoria nelle Gimcrack precorra sempre grandi cose per lui!-. L’impegno dello Sceicco Hamdan e della famiglia Maktoum resta forte come è sempre stato, basta notare il loro attivismo alle aste 2014, ed è testimonianza del loro amore per il cavallo e per la competizione contro i migliori cavalli del mondo.
E’, tuttavia, grazie al suo impegno come allevatore che lo Sceicco Hamdan ha realizzato molti dei suoi più grandi successi, specialmente nel 2014. Il più importanti di questi successi è naturalmente Taghrooda, il cui trionfo nelle Oaks ha preceduto la scintillante vittoria nelle King George. Nè si può scordare la vittoria di Muhaarar nelle Gimcrack! La più grande soddisfazione dello Sceicco Hamdan è quella di allevare un campione che a sua volta produce altri cavalli eccezionali: come tutti i più grandi allevatori, lui ha dimostrato un impegno nel lungo periodo verso le corse, cosa davvero vitale per la salute del nostro sport.
I proprietari-allevatori sono una specie in declino, eppure accade molto spesso che costoro, che devolvono tanto denaro al nostro sport, siano quelli che producono i vincitori delle corse Inglesi più prestigiose. Il 40% delle cavalle in allenamento sono di proprietà dei loro stessi allevatori. Proprio questa settimana il Jockey Club ha premiato gli allevatori dei vincitori di corse di Gruppo 2014 sui suoi ippodromi, in una cerimonia tenutasi a Newmarket. Il Cheveley Park Stud di David e Patricia Thompson è stato meritevole vincitore del premio per l’allevatore con più successo sugli ippodromi di proprietà del Jockey Club e ciò anche grazie a Integral, vincitrice di Gr1, di cui sono allevatori e proprietari. Dobbiamo plaudire questi riconoscimenti, perché accade così spesso che il ruolo degli allevatori sia sottovalutato. Se si analizzano i risultati delle nostre corse più prestigiose, si scopre che sono gli allevatori-proprietari quelli che hanno i cavalli di straordinaria qualità che fanno sì che le corse inglesi siano invidiate in tutto il mondo.
Ci vuole pazienza per portare un cavallo classico o un fondista all’apice del suo rendimento. Tuttavia, con poche eccezioni, sono proprio le corse sulla distanza classica nell’estate o nell’autunno quelle che tutti aspirano a vincere. Sono le grandi riunioni di corse, incluso lo stesso Ebor Meeting (la riunione in cui si corrono le Gimcrack ndt) che portano le folle nei nostri ippodromi e mantengono l’ippica tra i più importanti eventi sportivi del calendario inglese. E’ anchee possibile che i nostri premi siano più bassi di quelli di altre importanti nazioni ippiche, ma siamo ancora invidiati da ogni concorrente per le riunioni come quelle del Royal Ascot, Epsom, York e Goodwood. Dobbiamo dare agli allevatori gli incentivi per continuare a produrre il tipo di cavalli che servono per mettere in scena questi spettacoli. Nessuno desidera un pomeriggio dominato esclusiva mento da handicaps per velocisti, per quanto eccitanti questi possano essere.
Se viene meglio riconosciuto il ruolo giocato dagli allevatori essi saranno incoraggiati a spendere il tempo e i soldi che servono per supportare il programma classico e sulla distanza. Dovrebbero essere fatte più corse come le Chesham e le Washington Singer, riservate ai figli di stalloni che hanno vinto a 2000m e oltre. Basta dare un’occhiata all’Australia, dove il commercio e la velocità hanno prosperato al punto da renderli poveri di cavalli dotati di fondo sufficiente per le loro corse più importanti. Noi non dobbiamo permettere che questo accada anche da noi e certo ne sapremo di più nei prossimi mesi, quando verrà pubblicato il report che ho commissionato- per conto della TBA- sullo stato delle corse inglesi sulla distanza.
Comunque, mentre da un lato nessuna persona sana di mente alleva cavalli da corsa esclusivamente per guadagnarci, il ritorno finanziario potenziale deve apparire sufficiente a convincere gli allevatori a rinnovare il loro impegno.
Credo che quello dei montepremi sia ancora il problema più importante da risolvere, se si vuole che l’ippica inglese mantenga il suo ruolo preminente al mondo. Sentiamo le discussioni sul problema del numero dei partenti, ma ciò è secondario al problema del montepremi, a qualsiasi livello. Se ci fosse un montepremi più ricco, più persone farebbero l’investimento necessario per esser proprietari di cavalli da corsa, o per allevarli.
E vedremmo più cavalli da distanza che continuano le loro carriere qua in Inghilterra, invece di esser venduti all’estero, dove il montepremi è molto più lucrativo.
Prima di abbandonare l’argomento dell’industria d’allevamento, vorrei segnalarvi come lo studio sull’impatto dell’ippica nell’economia (di recente commissionato dalla TBA) ha sottolineato il contributo che gli stessi allevatori danno al montepremi. Questo contributo si concretizza attraverso 3 canali: i versamenti che gli stallonieri fanno all’EBF, quello fatto dagli allevatori col Plus 10, e le sponsorizzazioni che allevamenti come Darley, Cheveley Park, Lanwades e Shadwell fanno individualmente. Tra tutti gli sponsor dell’ippica inglese, gli allevatori sono i secondi per importanza, contribuendo al montepremi con quasi 7 milioni di sterline.
E’ incoraggiante sapere che la British Horseracing Authority assieme all’Horsemen’s Group, è impegnata nelle discussioni coi bookmakers per risolvere il problema del finanziamento delle corse, e sono certo che tutti diamo il benvenuto al recente annuncio che il Governo Inglese inizierà una consultazione per introdurre un Racing Right a partire dai primi mesi del 2015. Nick Rust, che presto diventerà il Chief Executive del BHA, sa quanto il problema sia importante. Sarà una sfida, ma non c’è nessuno posizionato meglio di lui per comprendere i problemi che le industrie inglesi delle corse e dell’allevamento debbono affrontare. Gli faccio i più grandi auguri. E vorrei pure ringraziare Paul Bittar, per il significativo contributo dato nel suo mandato come Chief Executive, anche a lui auguro il meglio per il suo futuro.
Concludendo, da parte dello Sceicco Hamdan, ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile la vittoria di Muhaarar – Charlie Hills e Paul Hanagan, il reparto corse che lavora con Angus Gold e tutti coloro che a Shadwell e a Derrinstown hanno contribuito ad allevare questo cavallo, sin dalla sua nascita a Elmswell Park, l’allevamento che è parte del nostro gruppo e che sta a pochi metri dal retro della mia abitazione.
Ora vorrei proporre un brindisi, alla salute delle corse Inglesi e a Muhaarar, vincitore delle Irish Thoroughbred Marketing Gimcrack Stakes!
Il ferro di cavallo - 29 dicembre 2014
I ferri di cavallo sono considerati i più universali fra i portafortuna. Una tradizione comune è che se un ferro di cavallo viene appeso ad una porta con le estremità volte in alto, allora porteranno fortuna. Ma se le estremità punteranno in basso, porteranno sfortuna. Tuttavia, le tradizioni differiscono sia su questo punto, che sul fatto se debbano essere nuovi o usati, trovati o acquistati, e se possano essere toccati.
In alcune tradizioni, qualsiasi effetto benefico o dannoso può interessare solo il proprietario del ferro di cavallo, e non la persona che se lo appende sulla porta. Quindi, se un ferro viene rubato, o semplicemente trovato, sarà il proprietario, non la persona che l’ha trovato o rubato, a ricevere la buona o la cattiva sorte. Altre tradizioni richiedono che il ferro debba essere stato trovato per caso per essere efficace.
L’origine di questa tradizione deriva dalla leggenda di Saint Dunstan, un fabbro che diventò arcivescovo di Canterbury nell’anno 959 che inchiodò un ferro di cavallo allo zoccolo del diavolo mentre gli era stato chiesto di ferrare il suo cavallo. Il diavolo fu liberato solo dopo che ebbe promesso di non entrare mai più in un luogo protetto da un ferro di cavallo sulla porta.
Secondo altre fonti l’origine del ferro di cavallo come porta fortuna e scaccia malocchio è data dalla sua forma a rappresentare un apparato genitale femminile; era credenza comune che il malocchio e il maligno potessero facilmente essere distratti da una tentazione sessuale e così facendo non si interessassero più di entrare nella casa davanti alla quale fosse esposto o ai possessori di tale oggetto. Nel medioevo spesso sulle facciate delle chiese e sui loro portoni si trovavano bassorilievi raffiguranti genitali femminili molto espliciti proprio con lo scopo di catturare l’attenzione di demoni e non far entrare spiriti maligni, tutte queste incisioni troppo esplicite furono rimosse nel tempo.
Un’altra fonte trae ispirazione dal mito e dalla leggenda che ci propongono il cavallo alato Pegaso che con un colpo di zoccolo sul monte Elicona diede vita ad una sorgente presso la quale in molti si recavano per attingere alla fonte dell’ispirazione poetica.
E’ sempre interessante dare un’occhiata agli articoli di J. Hall, studioso di purosangue e giornalista ippico, che a volte si trovano sul sito Thoroughbred Review.com (Serious Research for Serious Bloostock Investment).
Qua di seguito ne traduciamo uno.
DOVE SONO FINITI GLI STALLONI ENTRATI IN RAZZA TRA IL 1994 ED IL 1997 ?
Intuitivamente la maggior parte degli allevatori sa che per ogni stallone ci sono poche possibilità di diventare un riproduttore di successo nel lungo periodo. In risposta a una domanda la maggior parte di noi allevatori del Kentucky centrale possiamo sciolinare una lunga lista di cavalli falliti che alla fine sono state esportati verso regioni ippicamente meno progredite o paesi stranieri. E’ ironico quindi osservare l’enorme sostegno che gli stalloni debuttanti ricevono, tanto in termini di cavalle inviate alla monta che poi alle aste con la loro produzione. Ogni anno la lista degli stalloni che coprono più cavalle è stracolma di cavalli al primo o al secondo anno, anche se si sa bene che la maggioranza di loro fallirà. (…) Così, quanto è esattamente dannosa la pratica di pagare prezzi inflazionati per dei beni non provati? Per l’allevatore commerciale, è tutto meno che dannosa. Gli acquirenti di yearlings fanno la fila per pagare prezzi oltraggiosi per i primi puledri di uno stallone e questo l’allevatore commerciale lo sa benissimo. Ma dal punto di vista dell’acquirente il desiderio di inseguire la moda che circonda gli stalloni non provati va contro il buon senso e la legge delle probabilità. Infatti, come già sappiamo la maggior parte di quegli stalloni sono fallimenti spettrali che lasceranno gli acquirenti col cerino in mano. Per quantificare questo fenomeno abbiamo investigato sui 107 stalloni che tra il 1994 e il 1997 sono entrati in razza nel Kentucky centrale. Basterebbe una rapida scorsa alla loro lista completa per avere un’idea immediata delle poche chance di riuscita degli stalloni al primo anno…. ma è comunque opportuno dare qualche dato.
Dei 107 stalloni entrati in razza solo 16 hanno resistito in Kentucky al momento in cui scrivo (cioè 10 anni dopo): sono meno del 15%. Considerando che tre di loro sono dei fallimenti, la percentuale crolla al 12%. In altre parole se nel triennio considerato mandavate la vostra fattrice a uno stallone non provato, avevate l’88% di probabilità di cascare su un cavallo che eventualmente sarebbe stato esiliato dal Kentucky. E allo stesso modo se compravate uno yearling figlio di uno di quegli stalloni prima di aver verificato la loro riuscita, molto probabilmente stavate sprecando decine di migliaia di dollari nell’allenamento di un puledro nato da un fallimento potenziale. Vero, per essere onesti, alcuni stalloni entrati in razza in quel periodo, come Cherokee Run, Forest Wildcat, Maria’s Mon hanno avuto il loro prezzo iniziale moltiplicato per varie volte, ma anche quando si notano questi casi, non si può fare a meno di notare quanto le chance siano tutte contro un eventuale apprezzamento dei nuovi stalloni. Nel caso che ho studiato solo il 5,6% dei cavalli ha avuto un aumento significativo del proprio tasso di monta. Perciò la prossima volta che un agente cerca di dirigervi verso uno yearling da uno stallone non provato….o che uno stalloniere cerca di convincervi a mandare la vostra cavalla a uno stallone giovane, tenete bene a mente questi numeri. Chiedetevi : “considerando l’enormità del rischio che sto correndo, questo yearling o questa monta rappresentano un valore sicuro?”. Nel mercato odierno, l’88% delle volte la vostra risposta sarà no.